L’estrazione dell’olio
I frantoi pugliesi estraggono l’olio dalle olive mediante procedimenti esclusivamente meccanici, secondo quanto imposto dalle normative vigenti e gli standard di qualità.
Il procedimento consiste nell'estrazione della fase liquida dalle cellule dell’oliva, la separazione dalle frazioni solide e la separazione della frazione lipidica (l’olio propriamente detto) da quella acquosa.
Dopo la raccolta, le olive subiscono un primo processo, di preparazione, denominato cernita, in cui vengono separate da terra, foglie e rametti. Successivamente le olive vengono pesate alla consegna e stoccate in attesa di procedere all’estrazione dell’olio. E’ importante che questa attesa abbia una durata limitata e che le olive siano ben aerate, al fine di prevenire fermentazioni che pregiudicherebbero la qualità del prodotto finale, provocando un eccessivo contenuto di acidità.
Alla fine della fase di stoccaggio, le olive vengono lavate in grosse vasche e successivamente fatte asciugare, per poi passare alla prima vera fase di estrazione dell’olio: la molitura. Durante la molitura le olive vengono sottoposte a pressioni meccaniche che ne provocano la fuoriuscita dei succhi cellulari e dell’olio. Il metodo tradizionale consiste nell’impiego della molazza, la classica vasca contenente grosse “ruote” di pietra (azionate un tempo dal movimento di un somaro, oggi da potenti motori termici) che, frantumando il nocciolo, fanno sì che i frammenti di esso vadano a raschiare la polpa dell’oliva, con conseguente fuoriuscita dei succhi.
Una moderna alternativa alla molitura è la frangitura a martelli, per mezzo di dispositivi ruotanti ad alta velocità.
Il risultato della molitura (o frangitura) è denominato pasta d’olio, la quale successivamente va incontro alla fase della gramolatura. Durante la gramolatura la pasta d’olio viene continuamente rimescolata in grosse vasche, al fine di evitare l’emulsione tra acqua e olio e facilitare la separazione tra i due elementi.La temperatura della pasta durante questa fase è di primaria importanza perché, se da un lato l’alta temperatura facilita il processo, dall’altro lato può causare la perdita, da parte dell’olio, delle sostanze che ne determinano il gusto.
A questo punto si passa alla separazione della pasta d’olio, in mosto d’olio (parte liquida) e sansa (parte solida). Questa fase generalmente può avvenire tramite centrifugazione e decantazione, oppure secondo il tradizionale metodo della pressione, secondo cui vengono disposte, all’interno di presse idrauliche, pile composte da strati di pasta intervallati da diaframmi filtranti (i cosiddetti fiscoli).
Il mosto d’olio così ottenuto contiene parti residue di acqua vegetativa, che possono essere separate mediante un’ultima fase di centrifugazione verticale.
A questo punto “l’oro di Puglia” è pronto al consumo, e può essere filtrato da eventuali impurità oppure stivato in vasi d’acciaio, sul cui fondo le impurità andranno a depositarsi.
E dopo tutto questo lavoro, tanta fatica e tante preoccupazioni, siamo giunti al prodotto finale: e non c’è esperienza più meravigliosa e gratificante che quella di ripetere il vecchio rito millenario dell’assaggio.
Fin dall’antichità, invaleva l’usanza nei trappèti di festeggiare il primo olio di affioramento, irrorando fette di pane casereccio abbrustolito con l’aggiunta di un abbondante pizzico di sale. Una sorta di bruschetta locale, insomma. E capita ancora oggi, a suggello di un ciclo di un anno, di provare quel sublime piacere nell’assaggiare quel nettare appena nato, ancora caldo, di gustare la sua fragranza e di sentirsi orgogliosi del lavoro svolto.